Argomento di stretta attualità è, senza dubbio, la disciplina della circolazione stradale della guida in stato d’ebbrezza. Più in particolare occorre focalizzare l’attenzione sull’accertamento strumentale per l’individuazione dello stesso stato d’ebbrezza (c.d. alcoltest).
Il rilevamento in questione costituisce la prova “regina” a fondamento della responsabilità del conducente, anche perché, attraverso l’esame alcolimetrico, è possibile verificare quale risulti integrata fra le tre ipotesi previste rispettivamente dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a), b) e c), che prevedono differenti regimi sanzionatori a seconda del livello di tasso alcolico riscontrato.
Questo tipo di esame è da considerarsi senza dubbio un “atto urgente sulle persone” disciplinato dall’art. 354 c.p.p.. Tali atti urgenti sono detti irripetibili in quanto, mediante gli stessi, la Polizia giudiziaria, al fine della conseguente conservazione delle tracce di reato, prende diretta cognizione di fatti, situazioni e comportamenti umani dotati di rilevanza penale e suscettibili, per loro natura, di subire modificazioni o, addirittura, di scomparire in tempi più o meno brevi, così che, in seguito, potrebbero essere solo riferiti, ma senza poter più essere suffragati scientificamente.
In materia di atti urgenti l’art. 356 c.p.p. prescrive che la persona sottoposta all’accertamento abbia la possibilità di farsi assistere da un difensore, anche se quest’ultimo non deve necessariamente essere preventivamente avvisato dagli agenti operanti.
Nel caso di specie, dunque, il soggetto che sta per essere sottoposto al c.d. Alcoltest, per accertare se si sia posto o meno in stato di ebbrezza alla guida di un veicolo, deve essere avvisato (e tale avviso dev’essere indicato e risultare nel verbale di contestazione) della facoltà di farsi assistere da un difensore nel compimento dello stesso accertamento strumentale anche se non è necessario attendere che questo giunga sul posto per dare inizio all’accertamento in questione.
Tale principio è stato da ultimo ribadito da una recente sentenza del Gip di Milano n.1619 del 2013, che ha statuito come la violazione di tale obbligo gravante sugli agenti procedenti determini l’insorgere di una nullità processuale cd. a regime intermedio, la cui disciplina è dettata dagli artt. 178 lett. c), 180 e 182 c.p.p.
Si tratta evidentemente di una questione di fondamentale importanza, posto che potrebbe addirittura comportare una pronuncia di nullità del conseguente decreto penale di condanna (che è il procedimento speciale di solito scelto dalle procure per la guida in stato di ebbrezza) e quindi dell’intero procedimento.
In linea generale questa tipologia di nullità deve essere dedotta prima del compimento dell’atto, oppure, se ciò non è possibile, immediatamente dopo il compimento dell’atto al quale la parte ha partecipato, anche mediante lo strumento delle memorie o richieste, senza quindi attendere il compimento di un successivo atto del procedimento. Se tali tempistiche non vengono rispettate, la nullità sarà da considerarsi sanata.
A questo proposito si è rilevata una diversità di interpretazioni nell’ambito della giurisprudenza di legittimità quanto al limite temporale entro il quale è utilmente proponibile l’eccezione di nullità determinata dal mancato avvertimento della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia.
In particolare sul punto sono ravvisabili due distinti orientamenti che hanno portato, molto recentemente, la quarta sezione della Corte di Cassazione (sentenza 21.10.2014 n° 43847) a rimettere la questione alle Sezioni Unite.
Un primo orientamento giurisprudenziale meno rigoroso, che muove da una lettura costituzionalmente orientata delle norme del codice di procedura penale, giunge alla conclusione di considerare come tempestiva l’eccezione di nullità sollevata con il primo atto procedimentale utile, che, normalmente, è costituito dall’opposizione al decreto penale di condanna.
Una secondo filone interpretativo più restrittivo, invece, ritiene che, in caso di assistenza della parte all’accertamento del tasso alcolemico nel corso di un controllo per individuare lo stato di ebbrezza alla guida, è necessario procedere immediatamente a sollevare l’eccezione (ossia, prima del compimento dell’alcoltest). Viceversa nel caso in cui ciò non sia possibile, proprio perché la persona non ha avuto conoscenza della facoltà di farsi assistere dal suo difensore in ragione del mancato avviso da parte degli agenti di polizia giudiziaria, l’eccezione di nullità andrà sollevata “immediatamente dopo”, nel senso di non poter attendere il primo atto del procedimento (nella specie l’atto di opposizione al decreto penale di condanna), ma di dovervi provvedere prima attraverso il deposito di una memoria al giudice.
Il contrasto giurisprudenziale è stato risolto (si spera) in via definitiva dalle Sezioni Unite della Suprema Corte che, con sentenza n. 2 pronunciata il 29 gennaio 2015, ha chiarito come la violazione dell’ art. 114 disp. att. c.p.p. (“Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore: nel procedere al compimento degli atti indicati dall’art. 356 codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”), consistente, nel caso di specie, in una nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all’esame alcolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182 comma 2 secondo periodo c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado.
Dunque le Sezioni Unite hanno affermato come non si possa pretendere che la nullità in questione debba essere necessariamente sollevata dal soggetto sottoposto ad alcoltest, in quanto lo stesso non ha, o si presume non abbia, le conoscenze tecniche indispensabili per comprendere che il mancato avvertimento di farsi assistere nel compimento dell’atto sia contrario alle regole processuali (onere che grava solo, evidentemente, sul suo difensore) e, tanto più, nemmeno si possa esigere che il guidatore si attivi per eccepire ciò entro certi termini a pena di decadenza.
Con tale sentenza si può certamente concludere che sono state soddisfatte tanto le esigenze di urgenza e dunque genuinità delle indagini quanto le indefettibili e irrinunciabili garanzie che sottendono al fondamentale diritto costituzionalmente garantito della difesa del soggetto sottoposto all’alcoltest.